MANU. Viaggio fino al cielo di Auschwitz by Ciro Servillo

MANU. Viaggio fino al cielo di Auschwitz by Ciro Servillo

autore:Ciro Servillo
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788868220730
editore: Luigi Pellegrini Editore
pubblicato: 2014-01-16T00:00:00+00:00


XX

Dopo qualche settimana, una mattina mentre Manu era intento a mettere in ordine il suo scaffale, nella baracca si presentò Oskar, il marito di Selda. Egli si trovava a Ferramonti dalla fine di ottobre e, da quando aveva saputo che i suoi familiari internati a Rogliano l’avrebbero presto raggiunto, era continuamente in ansia.

“Buone notizie!” disse ad alta voce, rimanendo fermo sulla soglia, appena scorse Manu, “oggi arriveranno mia moglie e i miei figli”.

Manu a quelle parole gli andò incontro e lo abbracciò, gioendo. Era felice di poter rivedere Herman, Vera e il piccolo Isidor. E naturalmente la signora Selda.

In quel mentre entrò Samuele. Anche lui fu contento, appena ricevette la notizia. Era veramente curioso di incontrare le persone con le quali i suoi cari avevano condiviso la permanenza a Rogliano, nella medesima abitazione.

Manu senza perdere tempo lasciò i due e corse fulmineo alla baracca della madre e della sorella, per portare loro la bella notizia.

Vi arrivò tutto trafelato. Appena Alida e Lea appresero dell’arrivo di Selda e dei figli, esultarono anche loro. Erano felicissime: dopo la penosa lontananza, finalmente anche quella famiglia si ritrovava insieme.

Prima di mezzogiorno andarono insieme al cancello del campo per l’attesa. Quella era più o meno l’ora dell’arrivo del torpedone dalla stazione. Infatti, eccolo sopraggiungere puntualmente. Si fermò al di là del ponticello.

Ne discesero dapprima Selda, che teneva per mano il piccolo Isidor, poi Herman e Vera.

Quando varcarono il cancello del campo, corsero verso Oskar, senza trovare ostacolo da parte del militare che stava davanti alla garitta. I tre ragazzi e la madre lo abbracciarono intensamente. Rimasero stretti a lungo. Piansero e le loro lacrime si mescolarono.

Poi i nuovi arrivati iniziarono a guardarsi attorno. Erano disorientati. Nei loro occhi si leggeva tanto stupore.

Era la prima volta che mettevano piede in un luogo come quello, un campo di concentramento, tra pali collegati da filo spinato. Era per loro un momento estremamente doloroso. Ancor di più, quando si videro costretti a separarsi e a vivere in baracche diverse. Per giunta insieme con gente estranea. Herman col padre, nella baracca degli uomini; Vera e Isidor, ancora piccolo, con la madre in quella delle donne.

Purtroppo la costruzione delle baracche per le famiglie, com’era previsto, procedeva ancora a rilento. Nei giorni di maltempo, poi, i lavori si fermavano del tutto.

Nel pomeriggio si fece vivo un debole sole mentre il vento soffiava freddo e, a tratti, diveniva fastidioso. Manu si era stufato di stare nella baracca, così si recò da Herman per invitarlo ad uscire con lui.

Dopo un po’ i due erano a gironzolare tra le baracche. Per il campo non circolava anima viva. In molti che se ne stavano dietro i vetri delle finestre delle baracche ad osservare il desolante paesaggio del campo con le strade disseminate di estese pozzanghere, che erano state alimentate dalle insistenti piogge dei giorni passati.

D’un tratto si mise a piovere. Non era più il caso di continuare a rimanere fuori. Così si rifugiarono nella baracca di Manu.

Appena entrati udirono: “Chiudete bene quella porta!” Era il solito



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